mercoledì 3 ottobre 2018

Recensione Apple MacBook Pro 13 TouchBar 2018: gli amori difficili - [ad_1]

Senza star qui a ripetere i successi finanziari di Apple degli ultimi anni, è un dato di fatto come questa azienda sia diventata bravissima a scegliere quali carte giocare. A sapere dove togliere e cosa lasciare. Di sei mesi in sei mesi, ad avere la consapevolezza dei punti di forza ormai riconosciuti e quindi lasciarli dove sono, senza migliorarli e svilupparli, senza farli crescere. Ecco perché l'aggiornamento della linea MacBook iniziato nel 2016 non ha ancora portato ad un modello perfetto ma ha distribuito l'equilibrio ideale su tre modelli distinti. 

Per quanto le alternative siano ormai al suo livello, resta quell'esclusività che ti porta a scegliere un MacBook Pro anziché un XPS 13 o un Surface Book, così come un ThinkPad, uno Spectre, un MateBook, un PixelBook, uno ZenBook. E non è soltanto merito di un macOS che è sempre più il culmine dell'attitudine zen ereditata da UNIX (gli interessati potrebbero leggere: "In the Beginning was the Command Line”). E non è nemmeno la sola ricerca di uno status sociale migliore attraverso lo sfoggio di beni di lusso, quindi  comprati a caro prezzo (i prodotti Apple degli ultimi anni, appunto) come è convinto chi non ne ha mai provato uno.

 

C'è ancora qualcosa di unico in questi prodotti, perlomeno nel MacBook Pro 13 TouchBar aggiornato ai processori Intel Coffee Lake-U Quad Core e migliorato nella batteria, nella tastiera, e in alcuni componenti hardware. Io ho provato la configurazione più costosa e potente (Core i7, 16 GB di RAM e SSD PCI-E da 2 TB) anziché il modello che ritengo più equilibrato (i5, 16, 512) ma le considerazioni hanno lo stesso valore perché non è la configurazione a farvi decidere se spendere almeno 2000 euro per un MacBook Pro.

Scheda tecnica MacBook Pro 13 2018 (15.2)

  • Schermo 13.3 pollici 2560 x 1600 px / 227 DPI APPA034
  • CPU Intel Core i7-8559U Quad Core a 2.7 - 4.5 GHz / TDP 28 watt
  • GPU Intel Iris Plus 655 a 300 - 1200 MHz / 48 EUs / 128 MB eDRAM
  • 16 GB LPDDR3 2133 MHz / SSD PCI-E 4x 2 TB
  • Wi-Fi ac / Bluetooth 5.0 / 3 microfoni / Cam 720p / Touch ID chip T2
  • 4x Thunderbolt 3.0 / Jack cuffia 3.5 mm / Batteria 58 Wh
  • Dimensioni: 304 x 212 x 15 mm / Peso 1370 grammi / Alimentatore 61 watt

Cos'altro c'è in giro.

Qualche anno fa preferire un MacBook Pro voleva dire risolvere un problema. Voleva dire spendere il necessario e non pensarci più. Macchine come gli Air o come i Pro con display Retina del 2014 erano talmente migliori della concorrenza (superiori in ogni aspetto: autonomia, schermo, tastiera, costruzione, qualità software, sicurezza software, tipologia di porte, assistenza post-vendita, mantenimento del valore negli anni), da rendere accettabile l’idea di cambiare sistema operativo pur di averne uno. Questo sia per chi aveva a che fare con il multimedia (i migliori software per audio e video erano per Mac) sia per i professionisti di altri settori (giornalisti e dirigenti, soprattutto) attratti dalla semplicità d'uso e dalla mancanza di tutte le complicazioni dei portatili con Windows. Anche l'utente comune comprava i MacBook Pro, ma in questo caso si parlava di prodotti sprecati per i contesti di casa - un po' come sarebbe oggi scegliere una cinepresa RED per fare dei vlog su Youtube. C’erano i MacBook Air, per lui.

Nel 2018 il mercato è cambiato al punto da garantire una buona scelta a chi cerca un computer portatile. Gli “altri” hanno iniziato a copiare Apple per poi arrivare ad avere una loro identità, con tanto di nuovi formati (convertibili e 2-in-1) su sistemi operativi alternativi (Chrome OS, Linux, Android). Portatili onesti, tra alti e bassi, con una svalutazione tale da far scendere il listino sotto i 1000 euro a poche settimane dall'uscita. Il tutto mentre Apple ha aumentato il prezzo medio dei suoi laptop (per le specifiche, per la tassazione, ma anche per differenziarsi proprio da questi rivali) e messo in pratica la suddivisione in tre linee di cui parlavamo prima: MacBook 12 (ultraportatile stiloso), MacBook Pro 13 (portatile da lavoro) e MacBook Pro 15 (portatile per professionisti). 

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Le alternative, adesso, ci sono. Costano meno e sono ugualmente raffinate, almeno dal punto di vista hardware. Passare da macOS a Windows 10 non è più un incubo come qualche anno fa, con il vantaggio di poter cercare, volendo, un’esperienza touchscreen e convertibile ancora preclusa al sistema desktop di Apple. Non è tutto. Il supporto di Windows alle nuove tecnologie per la scrittura e il designo ha portato Apple alla produzione di una Pencil dedicata ai suoi iPad; in pochi mesi, è diventata uno degli strumenti preferiti da chi deve fare grafica ma resta in contrasto con le fondamenta di semplicità e continuità che l'avevano portata, nel 2007, alla diffusione del touchscreen capacitivo e delle gesture come le conosciamo oggi (ho un libro da consigliarvi anche su questo argomento: “The One Device: The Secret History of the iPhone”).

E un piccolo riscontro di quanto appena scritto arriva dal video che ho girato qualche settimana nella Media Room di IFA 2018. Tutti i laptop dei giornalisti ci conferma come i MacBook Pro non siano più l'unica soluzione ad un problema. Un video così, girato ad IFA 2015, avrebbe mostrato un 95% di portatili Apple, qualche ThinkPad o Dell aziendale, un paio di strani laptop orientali, e due o tre Chromebook - di cui, uno, il mio. Ma i MacBook Pro dal 2016 in poi non hanno convinto chi doveva svecchiare un Pro o Air; non che i portatili Windows di quel periodo fossero buoni quanto adesso, ma ai tempi tutta la categoria era in crisi e sono convinto che molti abbiano deciso di tirare avanti per cambiare portatile soltanto di recente - perlopiù con macchine non-Apple, quindi.

Il bello del MacBook Pro 13 2018.

Quanto appena scritto sembra preoccupante per Apple, ma in realtà l'azienda ha guadagnato un margine talmente largo da poter, comunque, continuare ad offrire l'esperienza informatica più piacevole della categoria. Come dicevo ad inizio recensione, se lo può ancora permettere. Che poi possa essere un'esperienza meno efficiente di altre, che possa richiedere una spesa maggiore, che sia vincolante e vincolata al suo software, e che venga spacciata per “Pro” quando, invece, è molto più indicata all'utente comune - sono aspetti che si possono tollerare a favore di altre certezze.

Ad esempio, MacBook Pro 13 2018 continua ad avere il miglior display della categoria per luminosità, calibratura e nitidezza, gestito da un motore grafico che gli permette di cambiare risoluzione senza perdere qualità visiva. Quest'anno, con il True Tone, diventa il primo a regolare in modo dinamico non solo l'intensità dell'illuminazione di schermo e TouchBar, ma anche la sua temperatura. Attivarlo significa avere immagini meno fredde e più rilassanti per gli occhi, in una maniera molto più naturale del semplice “Filtro a luce blu” o "Modalità notte" che sia. True Tone non rende mai la pagina web troppo gialla o la foto troppo calda - per quanto sia la prima cosa da disattivare nei lavori di grafica o quando si ha bisogno di fedeltà cromatica. La profilazione di fabbrica perde un po' di precisione sui Delta E e sui nits massimi rispetto agli anni passati (o sono i software ad essere cambiati?) ma questo resta l'unico schermo tra i computer portatili a coprire il DCI-P3 al 98%.

La nuova tastiera aggiunge una membrana tra il keycaps e lo switch a farfalla. È difficile da dire per chi ha fatto degli strumenti di input meccanici un modo di vivere l'esperienza informatica (vedi: Fun With Caps) ma è la tastiera che preferisco tra tutti i computer portatili provati. Questa terza generazione ha un suono più sordo, ha una corsa appena più alta e appagante, ed ha, soprattutto, keycaps più stabili, parecchio più stabili. Appoggiare il polpastrello su un tasto, fare una leggera pressione e cercare di muoverlo a destra e sinistra, in alto e in basso, porta ad un'oscillazione minima, nemmeno percepibile. Questo rende il suono meno simile al "clack clack" della plastica che sbatte, e migliora ancora la consistenza della pressione quindi la stabilità della scrittura.

È una tastiera che non fa sbagliare, veloce quando serve e rilassante quando si cerca equilibrio. Il sistema di illuminazione non è più il migliore della categoria (quello del mio Chromebook Pixel 2015, per dire, è più nitido) ma la tastiera dell'edizione 2018 è sicuramente la migliore tra i MacBook moderni. Migliore, senza dubbio e al netto dell'abitudine degli anni passati a schiacciare i suoi tasti, di quella dei MacBook Pro 2012-2015 e degli Air - e a chi insiste nel dire che quei modelli con “tasti alti” siano i più comodi  di sempre, consiglio di provare la tastiera di un ThinkPad X1 Carbon, o di uno dei ThinkPad aziendali di fascia alta di quell’epoca; poi ne parliamo.


TouchPad, audio, webcam e porte non cambiano in questo Mac. Quest'anno, grazie alle nuove CPU Intel con 16 linee PCI-Express, le quattro porte Thunderbolt 3 hanno tutte accesso alla massima banda possibile (40 Gbps, mentre due dello scorso anno erano a 20 Gbps), ma questa è una buona notizia soltanto per chi ha già una eGPU di ultima generazione da collegare. Tra l'altro, direttamente dall'interfaccia di macOS Mojave, si può adesso abilitare la scheda video esterna in base al singolo programma, senza lanciare script da shell. Anche qui, la soluzione proposta da Apple (eGPU Blackmagic) è elitaria e costosa. La connettività wireless guadagna il Bluetooth 5.0, recuperando lo svantaggio dalle ultime versioni di iPhone e Apple TV. Nulla di nuovo sulla TouchBar e sul TouchID, per quanto l'inclusione del chip T2 per la memorizzazione e la gestione delle informazioni più sensibili sull'utente sia una di quelle tecnologie di cui speri non dover mai controllare l’efficacia. Apple sa che la sicurezza dei dati memorizzati e il controllo dell'integrità del sistema sarà il prossimo argomento di massa, ed è una buona notizia vedere sui portatili gli stessi investimenti fatti sugli smartphone.

Mojave 10.14, accennavo, aggiunge qualche opzione sulle modalità con cui le applicazioni e i siti web possono accedere ai nostri dati. Safari diventa così più attento a queste cose. Il nuovo sistema operativo è più bello da vedere ed ha qualche automatismo aggiuntivo nelle operazioni più comuni: ordina da solo i file nelle cartelle (Pile), lascia nella dock le ultime applicazioni aperte (come su iPad), completa lo strumento di cattura schermo e l'anteprima dei file (documenti e immagini si modificano senza aprire altro), e porta la funzionalità chiamata Continuity Camera per scattare foto o scansioni da iPhone/iPad e salvarle subito su macOS. Mojave sarà l’ultimo macOS con supporto alle app 32-bit, in una prospettiva di integrazione con iOS e tvOS che andrà oltre la disponibilità di “app da iPhone” come Borsa, Notizie, Memo Vocali e Casa (utile per comandare tutto HomeKit dal PC). La convergenza tra sistemi e dispositivi verrà resa un evento pubblico nel 2019, ma la versione 10.14 aggiunge già comodità.acM

Il brutto del MacBook Pro 13 2018.

Se non fosse per l'implementazione dei nuovi processori Intel Coffee Lake-U, se non fosse per i vincoli termici che limitano la “frequenza Turbo” pur senza, comunque, riuscire a migliorare l'autonomia, MacBook Pro 13 2018 sarebbe un portatile ideale. E non sto chiedendo chissà cosa, solo un sistema di smaltimento del calore adeguato come quello degli ultimi anni. 

Da sempre, il vantaggio dei MacBook Pro rispetto agli Ultrabook è dipeso dall'uso di CPU da 28 watt anziché da 15 watt. Negli anni, le piattaforme scelte da Apple hanno permesso l'installazione delle schede video Iris Graphics (con eDRAM dedicata) al posto delle comuni HD Graphics, ed hanno sfruttato un sistema di raffreddamento a doppia ventola da manuale; gli interni dei MacBook sono molto più curati e raffinati, precisi e puliti, della migliore concorrenza. Anche per questo motivo i MacBook Pro riuscivano a reggere temperature alte senza andare in throttling termico (o, almeno, senza un vero stallo penalizzante) con frequenze Turbo mantenute per tutto il tempo necessario e un comportamento a batteria molto simile a quello con corrente collegata. Non è tutto: la personalizzazione hardware e la scelta di materiali nobili per l'assemblaggio (e qui torniamo sul discorso del "solo loro se lo possono permettere”, perché sono tutti dettagli che incidono sul listino finale e quindi devi avere utenti disposti ad assecondare queste finezze) hanno garantito un certo margine di watt, una certa licenza ad andare oltre lo standard, personalizzare i consumi e offrire TDP sbloccati. O, almeno, molto più liberi della concorrenza.

Personalizzare hardware e software fa parte di Apple. Ma quest'anno, con il Coffee Lake-U Quad Core, credo sia stata messa in pratica con approssimazione. Senza citare stress test o benchmark e, quindi, senza metterlo alla prova su compiti lontani dai modi in cui, poi, si usa davvero un Mac, basta lanciare un rendering video Full HD su Adobe Premiere Pro CC o una conversione video con HandBrake per notare come la frequenza Turbo del Core i7-8559U della mia configurazione (la più costosa e la più potente) sia tenuta attiva solo per qualche istante. Non secondi, istanti. In queste operazioni c'è un consumo di 50 watt e una temperatura che schizza sui 100°C fino a causare un blocco termico seguito da una naturale riduzione della frequenza. Quando la GPU non è attiva, come nel caso di Premiere Pro CC, la frequenza multi-core resta comunque sui 3.7 GHz (e non è male) con una temperatura dai 90 ai 95°C. Quando la GPU deve effettuare operazioni, ecco che i core scendono verso i 2.5 GHz della frequenza base.

Nel grafico con la conversione Handbrake (sotto) si nota bene il picco di 50 watt, la frequenza a 4.5 GHz, i 100°C e poi lo stabilizzarsi sui 30 watt e 3.3 GHz. Non c'è un throttling termico penalizzante ma nemmeno le prestazioni al massimo che ci aspettiamo. Nello stesso test, un MacBook Pro 13 con Core i5 del 2017, riesce a tenere la sua frequenza Turbo di 3.5 GHz per tutto il tempo necessario, stabilizzando le temperature grazie alle ventole. Ora: due core non sono quattro core, ed anche la frequenza della GPU Iris 655 di questa nuova edizione è più alta di 200 MHz rispetto al passato (per il resto abbiamo lo stesso chip con più memoria eDRAM). Ma il sistema di smaltimento del calore è lo stesso e il telaio è lo stesso, quindi c'è un evidente problema di implementazione della nuova piattaforma. Non sono le noie pre-patch del Core i9 di cui si è parlato in estate  (e non solo su MacBook), ma resta il rischio di un’informazione sbagliata data al cliente. Il vantaggio di montare un Core i7-8995U, ovvero la CPU ULV più veloce di Intel, viene ridotto. E, da quel che leggo online, anche i modelli con Core i5 soffrono, in proporzione, degli stessi vincoli.

La riprova di quanto appena detto arriva dal test intervallato CPU/GPU di Cinebench R15. Eseguito in successione, per 8 volte, mostra i picchi, le stabilizzazioni e lo stallo del processore e della scheda grafica. Ma, a differenza del carico continuativo dei contesti visti sopra, qui c'è alternanza e, quindi, più capacità riposare e ripartire. Purtroppo è un tipo di lavoro meno reale degli altri. 

Non è tutto. In queste settimane di test ho sentito un MacBook Pro 2018 più propenso a scaldare; il fondo del portatile raggiunge temperature noiose anche quando il carico non è continuo, proprio in corrispondenza dei picchi verso i 100°C evidenziati dai grafici. Non sono i 48°C che vi mostro nella videorecensione (quelli sì, sotto stress) ma mi è capitato più volte di percepire il computer caldo in situazioni di lavoro leggero. È un altro aspetto che fa rimpiangere una progettazione interna diversa, più efficiente; soprattutto, qualcosa di adattato al nuovo hardware.

Benchmark MacBook Pro 13 2018

  MBP 13 TB 2018
i7-8559U/16/2048
MBP 13 TB 2017
i5-7267U/8/512
MBP 13 TB
i5-6267U/8/512
GeekBench 4 64-bit 5375 / 19232 4405 / 9066 3490 / 7410
Cinebench R15 42.39 / 725 40.01 / 362 36.18 / 313
GFXBench Metal Man: 5393
T-Rex: 10907
ALU2: 12886
Man: 7099
T-Rex: 12175
ALU2: 12636  
Man: 5025
T-Rex: 10142
ALU2: 12642
Novabench 1622 787 748
QuickBench SSD MB/s
Extended Test
3234 / 3203 3026 / 2285 2949 / 2298
Temperatura massima
Tastiera/Retro/CPU
45°C / 48°C / 100°C 47°C / 42°C / 100°C 41°C / 39°C / 93°C
Luminosità massima 502 nit 573 nit 579 nit

Devo fare una precisazione: analisi termiche a parte, MacBook Pro è veloce e reattivo con la SSD PCI-Express che si ritrova (di gran lunga la migliore della categoria) tanto a essere sprecato per un “utilizzo comune” del computer portatile. I test sopra servono ad evidenziare i difetti e dare per scontati i pregi, come è normale che sia quando si cerca di dare un consiglio ad utenti esperti. Il suo problema è non sfruttare bene la configurazione a quattro core per colpa di un'implementazione non ottimizzata. Il suo errore è non garantire un vero vantaggio prestazionale rispetto all'edizione Dual Core a dispetto di quel che possono dire benchmark multi-core come Geekbench 4, Novabench o prove sintetiche di breve durata. E la sua colpa è avere un prezzo di listino alto al punto da non giustificare queste leggerezze.

Autonomia MacBook Pro 13 2018

  MBP 13 TB 2018
Consumo / Durata
MBP 13 TB 2017
Consumo / Durata
MBP 13 TB 2016
Consumo / Durata
Internet work e Social
Safari 6 tab /  2 app in bg 
-15% / 6.6 h -12.7% / 7.9 h -7.5% / 13.3 h
Conversione HandBrake
H.264/H.265 10-bit mp4/m4v
-93% / 1 h -58% / 1.7 h -72% / 1.4 h
Netflix HD
Safari a schermo intero
-12% / 8.3 h -16% / 6.2 h -16% / 6.2 h

*: display e audio al 50% (circa 230 nit, sensore ambientale disabilitato). Luce tastiera su bassi livelli.

Anche perché c'è un altro aspetto controverso nell'edizione 2018. L'autonomia media si è ridotta. Proprio come abbiamo visto su tutti gli Ultrabook aggiornati con CPU Intel di 8° generazione, aumentare il numero di core e ridurre la loro frequenza migliora i consumi soltanto nei contesti leggeri. MacBook Pro 13 2018 ha due ore di autonomia in più nel test di Netflix HD, ma un'ora abbondante in meno in quello che io chiamo "Lavoro internet giornaliero". Apple ha installato una batteria da 58 Wh su questa edizione così da bilanciare le richieste del nuovo hardware; ma solo nel migliore dei casi si riesce ad ottenere la stessa autonomia del modello 2017 - che, di suo, aveva già perso ore dalla versione 2016 a causa di un'impostazione più aggressiva del TDP.

Sei ore e mezza di lavoro Internet intenso non sono male, così come è una buona cosa poter sfruttare la decodifica hardware VP9 e H265 per lo streaming o per la riproduzione locale di, esempio, un film. Anche i sessanti minuti a pieno carico permettono di completare un rendering o una conversione quando si è costretti a farlo in mobilità, anche perché le prestazioni non scendono quando si stacca l'alimentatore. Inoltre, la cura costruttiva e l'attenzione ai componenti, aiutata dalla natura XNU di macOS, annulla il draining in standby: dopo due giorni pieni passati sul divano di casa, ho trovato il mio esemplare con la stessa carica di quando l'avevo chiuso. È raro nella categoria. Caricarlo con il suo alimentatore da 61 watt su una delle Thunderbolt 3 impiega solo 90 minuti, ed anche questo è un valore aggiunto. Vorrei soltanto vedere un alimentatore più grande per coprire meglio il consumo sotto carico: 61 watt sono al limite. Se ho un HUB USB-C collegato e avvio un lavoro di carico massimo, l'alimentatore riesce solo a tenere la carica.

Considerazioni (finalmente) finali

Alla fine di tutti questi discorsi credo che il modo corretto per considerare i MacBook Pro di quest'anno sia valutare il tutt'uno e l'insieme, l'hardware gestito da quel sistema operativo, su quella piattaforma cloud e con quella convergenza tra dispositivi. Non ha senso separare i componenti perché i componenti vengono usati ogni giorno. Chi usa con soddisfazione un iPhone e, magari, un Apple Watch, ed è in cerca di un computer portatile con il quale non giocare e non fare montaggio video a livelli da produzione televisiva, non trova niente di paragonabile. Mai come quest'anno, il MacBook Pro è un prodotto per utenti Apple

Di certo ha la qualità per essere usato da tutti con una contentezza difficile da trovare altrove (io spingo per chi deve scrivere: c'entra lo schermo, c’entrano tastiera e touchpad, c'entra la piacevolezza costruttiva) ma bisogna essere disposti a spendere molto più del necessario. Ci sono notebook con Windows ugualmente adatti e, allo stesso tempo, meno vincolanti. Non sapranno mettere a disposizione un'abilità identica, ma ci andranno vicini ed avranno, comunque, le loro particolarità. 

Gli ultimi MacBook Pro devono essere evitati da chi cerca il miglior hardware al miglior prezzo; Apple avrebbe potuto inserire una GPU dedicata di fascia bassa (stile MX150 di Nvidia, per dire), avrebbe potuto aggiornare l'edizione senza TouchBar, avrebbe potuto inserire un lettore SD e lucrare meno sul costo degli aggiornamenti (+360€ per un Core i7, comunque limitato, è un prezzo fuori mercato). Ma questo genere di macchina popolare non è nei piani di chi sa di avere ancora un po' di controllo sulla categoria, ed ha tutta l'intenzione di non mollare nulla. Niente di nuovo.

Chi ha il diritto di essere deluso dal modo in cui i processori Quad Core di Intel girano sui MacBook Pro di ultima generazione (dal Core i5 al Core i9) sono quegli utenti decennali professionisti esperti che hanno subìto l'evoluzione del termine Pro da “professionale” a “produttivo”. Quest'anno, visti i risultati della concorrenza, c'era motivo di credere in un MacBook Pro 13 di razza, costoso ma perfetto, molto più potente del Dual Core ma comunque compatto; una via di mezzo con il 15 pollici. Ma l’aggiornamento è stato solo modesto tanto che non è consigliato, adesso, comprare un MacBook Pro 13 2018 se l'obiettivo è avere più capacità di calcolo. Chi ha un Dual Core del 2016 o 2017 resti com'è. Chi ha ancora uno dei modelli 2012-2015, lo può invece considerare il migliore uscito fino ad adesso. Apple ha ancora del margine ma è sempre più difficile vederlo chiaramente.



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Sorgente articolo: HDblog.it https://goo.gl/K25LXz

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